Rifrattore ED, apo, semi-apo… cosa significa?

C’è molta confusione sul significato del termine “apocromatico”, ma basta in realtà consultare il vocabolario Treccani per togliersi ogni dubbio:

apocromàtico agg. [comp. di apo- e cromatico] (pl. m. -ci). – In ottica, di sistema sensibilmente esente da aberrazione cromatica per tutte le radiazioni visibili; in partic., di sistema totalmente esente da cromatismo per tre colori dello spettro.

L'aberrazione cromatica è un difetto ottico dovuto alla dispersione della luce negli elementi rifrangenti che compongono il sistema ottico.

I rifrattori acromatici, grazie all’utilizzo di due lenti (famoso è il doppietto Fraunhofer), riducono l’aberrazione cromatica, ma solo su due lunghezze d’onda. La terza resta non corretta e genera il cosiddetto spettro secondario, solitamente di colore blu/viola.

Utilizzando vetri speciali a bassa dispersione (ED – extra-low dispersion), è possibile far convergere i tre colori dello spettro visibile nello stesso punto di fuoco, eliminando così lo spettro secondario.

 

Questa è la teoria, ma in pratica esistono molte variabili che possono migliorare o peggiorare il risultato. Ad esempio, i vetri utilizzati in ottica sono classificati tramite l’indice di Abbe: più è elevato, migliore è la qualità del vetro, e più semplice risulta la realizzazione di un rifrattore apocromatico.

Ecco alcuni esempi:

  • FPL55/FPL53: indice elevato, intorno a 95.

  • FPL51: indice 81, molto usato nei tripletti ED.

  • BK7: indice 64,17 (usato in acromatici e lastre correttrici).

  • FCD100: indice 95,10, molto vicino alla fluorite naturale (CaF₂).

Ovviamente, l’utilizzo di vetri pregiati ha un costo, in particolare nei grandi diametri, dove è difficile trovare dischi di vetro omogenei e privi di imperfezioni.

Un’altra variabile fondamentale è lo schema ottico (a 2 o 3 elementi) e la lunghezza focale. Anche nei rifrattori acromatici, un rapporto focale lungo (superiore a f/10) aiuta a ridurre lo spettro secondario.

In passato ci sono stati tentativi di costruire rifrattori apocromatici senza vetri ED o focali eccessivamente lunghe. Molti ricorderanno il famoso Apolar 125 della ditta russa TAL: un rifrattore da 125 mm f/7.5, con uno schema a 6 elementi in 3 gruppi, che riusciva a correggere bene l’aberrazione cromatica usando vetri comuni.

È un telescopio che ho avuto modo di provare personalmente e mi ha lasciato un’ottima impressione, anche se probabilmente troppo complesso da costruire e non più competitivo rispetto ai moderni doppietti ED prodotti in Cina.

Nel mercato attuale, il termine ED è spesso usato – talvolta in modo improprio – per identificare rifrattori con buone prestazioni cromatiche. Ad esempio, un costruttore può decidere se:

  • realizzare un doppietto con vetro ED “economico” tipo FPL51 e lunghezza focale superiore a f/10;

  • oppure usare lo stesso vetro in uno schema a tripletto, per ottenere buone prestazioni anche a rapporti focali più corti (f/6 o f/7).

Inserendo una lente ED di alta qualità in un doppietto – o meglio ancora in un tripletto – si può ottenere un vero rifrattore apocromatico, a patto di non esagerare con rapporti focali troppo corti.

Negli ultimi anni, però, si sta un po’ perdendo di vista il vero significato di “apocromatico”. Sempre più spesso si vedono acromatici di qualità definiti "semi-apo" o direttamente etichettati come ED. Ci sono anche tripletti apocromatici con lenti ED non specificate, che in realtà hanno ben poco di apocromatico.

Infine, è bene ricordare che non basta usare uno o due vetri ED per realizzare un ottimo rifrattore. Anche la lavorazione ottica, la cella che contiene le ottiche e tutta la meccanica devono essere di alto livello. Altrimenti, l’investimento in un vetro pregiato viene completamente vanificato.